Buongiorno e buon Dicembre a tutti voi! Avete già
iniziato con i preparativi per il Natale? Vi riducete all’ultimo per i regali
(come sempre capita a me tra l’altro) oppure siete fra quelli super organizzati
che hanno già pensato a tutto?
Comunque non è questo il momento per il mio solito
divagare, ma oggi voglio parlarvi del terzo libro di Monica Brizzi, “È qui che volevo
stare”: un romanzo romance che ci porterà fra ricordi e l’incantevole Grecia. Vi ho
incuriosito? Potrebbe essere un bel regalo natalizia questo romanzo?
TITOLO: È qui
che volevo stare
AUTORE: Monica Brizzi
PAGINE: 248
DATA DI PUBBLICAZIONE: 30 Settembre
2016 (cartaceo)
PREZZO AMAZON: 11.48 euro (cartaceo);
1.99 euro (ebook)
Una promessa fatta dieci anni prima. Tornare in Grecia,
ancora una volta, tutti insieme. È questa l’idea che spinge un gruppo di
trentenni a ripetere la gita dell’ultimo anno di scuola. Peccato che
Sofia, una ventinovenne così rossa e piena di lentiggini da essersi meritata il
soprannome di Gnomo, non sia pronta a ritrovare tutti, soprattutto Michele,
l’ex da cui cerca di scappare. Ma anche Giusti e Paolucci, l’imbucato
Martinelli, le ragazze della E, il professore di storia dell’arte, la bidella,
Tommaso, l’amico di sempre, il ragazzo di Ragioneria che conosce sin dai tempi
delle medie. Tra strane scoperte, nuovi amori, tradimenti, serate in discoteca,
pianti e risate a non finire, immersa nella Grecia delle grandi divinità, Sofia
riuscirà una volta per tutte a sconfiggere la sua chimera?
Biografia: Monica Brizzi, classe
1983, scrive da quando è poco più che una ragazzina. Ama leggere un po' di
tutto, dai grandi classici alla fantascienza. Quando scrive, però, finisce
quasi sempre per raccontare storie d'amore ironiche. Oltre a “È qui che volevo stare” è autrice di “Innamorarsi
ai tempi della crisi” e “Il
mio supereroe”, edito da Delos
Digital. Gestisce un blog in
cui parla di tutto e di niente, anche se i temi conduttori sono la scrittura, i
libri e la sua timidezza.
Estratto: Arriviamo. Oh sì, arriviamo.
E Michele è la prima cosa che vedo. È più muscoloso dell’ultima volta e
probabilmente alla sua collezione di tatuaggi si è aggiunto qualcos' altro ma
cerco di non pensarci. Non che guardare il suo viso mi crei meno problemi. Ha i
capelli corti e biondi e sopracciglia chiarissime che incorniciano occhi scuri
e sottili. Se non sapessi che tipo è, potrei quasi definirlo serio e composto.
Se non ci fossero quelle linee nere tatuate sul collo e sul mento che scivolano
sotto la maglietta degli AC/DC.
No, d’accordo, non è possibile definirlo serio e composto.
I sentimenti che provo per lui da una vita vengono a galla, tutti, nell’arco
di un secondo e mi blocco in mezzo alle sedie. L’affetto, l’odio, il rancore,
la simpatia, l’odio, il rancore. Il rancore, l’odio. Ho già parlato di odio e
rancore?
Come se niente fosse continuo a camminare, mi mostro interessata alle
mattonelle del pavimento, alla gente che chiacchiera sulle sedie, a ciò che c’è
oltre le finestre ma è lampante che voglio finire il prima possibile questa
passerella. Michele sorride ad Anita e Roberta che sono qualche passo avanti a
me e si gira nella mia direzione. Mi sistemo meglio la borsa sulla spalla e
prima che possa rendermene conto è arrivato.
Non so dove mettere le mani, né se devo dire qualcosa così decido di
fermarmi e stare zitta. Anche lui non si muove ma dura solo un istante perché
poi mi abbraccia. Non riesco ad avvolgere le braccia intorno al suo corpo, non
dopo l’ultima volta.
«Ehi», sussurra al mio orecchio. Il suo naso inspira il mio odore e lo
sento tra i miei capelli mentre muove le mani tentando di catturarmi. Mi sta
avvolgendo come una piovra, maledizione.
«Oh, oh! Potete anche evitare di fare un filmino porno dentro l’aeroporto,
no?» protesta Anita infilandomi un dito tra le costole. Sembra il preside in
persona, tanto è contrariata, il che equivale a dire il Male puro.
«Guarda chi c’è!» esclama Martinelli.
Martinelli.
Martinelli? Cosa ci fa Martinelli qui? Era il tipo più strano di tutta la
scuola e non era in classe nostra. Michele e io ci separiamo e a questo punto
mi rendo conto di quanta gente c’è intorno a me. Dovevamo essere sette e invece
siamo quindici e tra le varie persone c’è il professore di storia dell’arte che
aveva ventisette anni quando ci ha presi in terza liceo, la bidella con cui se
la faceva, Lorenzo, di Ragioneria, una tipa della seconda F e due della terza
E. Dov’è la mia classe? Che ci fanno queste persone con noi?
Arriccio la bocca trattenendo la voglia di vomitare alla vista delle due
pettegole della E e mi guardo intorno senza salutare nessuno.
No, no e poi no. Già andare in vacanza con lui è assurdo, figuriamoci portarmi
dietro tutta questa gente che ero riuscita a eliminare dalla mia vita. Michele
mi fa un sorriso enorme e io penso che forse solo per questo vale la pena,
anche se poi mi ricordo che l’ultima volta l’ho mollato io. Allungo la bocca in
uno sorriso molto poco sincero, mi incammino, saluto rapidamente tutti e il mio
viso cambia completamente espressione nel vedere Tommaso.
La mia chimera.
Provo una marea di emozioni, tutte insieme, e non so come classificarle,
non so come gestirle, non so come sedimentarle. L’unica che estrapolo dal
groviglio è che manca l’aria. Aria, ecco cos’è che mi ha sempre tolto. Averlo
accanto crea uno scompenso di ossigeno per il quale tutto il mio corpo si
immobilizza.
No, non posso farcela. Non posso averli tutti e due intorno.
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